gioco e allegria
Tra le esperienze originarie che permettono il sorgere dell’identità personale e dello stile irripetibile di stare al mondo è il gioco.
Esso interrompe il processo di istantanea soddisfazione di bisogni e desideri, introducendo una paradossale necessità dell’inutile e del gratuito. Il gioco è lusso quanto mai necessario, poiché lo spreco di tempo e di energie richiesto addestra a qualsiasi altra forma di gratuità, dove i conti difficilmente tornano. Il gioco sospende spazio e tempo soliti, aprendo quelli di una nuova creazione, una ri-creazione appunto. Il gioco crea ruoli, identità e compiti nello stesso istante in cui promette la festa e diverte. Poche esperienze sono impegnative come il gioco: “Basta scherzare! Ora giochiamo seriamente!”. Nessuno è più libero (perfino dal tornaconto) di chi gioca, eppure nessuno è più vincolato alle regole di chi è “in gioco”.
Il divertimento è assicurato solo rispettando le regole del gioco, obbligatorie e inconfutabili. Se disattese, causano la fine del gioco, sicché il trasgressore è un “guastafeste”. Il gioco libera, vincolando alle regole e alle cose i giocattoli. E’ impossibile giocare – agendo fiduciosi che perfino l’azione non-utile porta bene – senza giocattoli, senza cose: una palla, bambole, scacchi, mattoncini di plastica o legno, carte da gioco, joystick ………. Lo scetticismo è nemico del gioco: non crede che le regole valgano, non ritiene che la scopa inforcata possa diventare un cavallo, non ritiene che la scopa sia necessaria. Il gioco è una vera e propria ontologia, una visione delle cose in mano a chi sa giocare. E’ significativo notare che, mentre gli adulti selezionano giochi e giocattoli, per il bambino – specie molto piccolo – tutto è gioco e tutte le cose, perfino le più insignificanti e noiose, sono giocattoli a portata di mano; ogni cosa lo occupa, im-pegna, vincola e gli promette. Il gioco rivela le cose com’erano all’inizio della vita, come avrebbero dovuto continuare a essere e come saranno. Giocando, l’adulto ha la possibilità di attingere nuovamente all’ontologia delle origini, alla visione iniziale delle cose, rinvigorendo la propria volontà di restare “in-contro” alle cose, disponibile al loro in-segnamento.
Da: Fatte a mano – L’affetto di Cristo per le cose . Autore G. C. Pagazzi Presentazione di A. Sequeri. Ed. Dehoniane BO pagg. 42-43. Giovanni Cesare Pagazzi insegna teologia sistematica e cristologia alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale; assistente Masci della Comunità di Lodi.
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