Visita alla Sindone e ai luoghi simbolo dei grandi santi sociali
La Sindone
Alla sera, dopo la cena preparata dalla pattuglia della Via Francigena del Piemomne, è salito a Superga il prof. Barberis professore di fisica del Masci del Piemonte.
Il professore ha esordito dicendo che la Sindone è specchio del Vangelo e provocazione dell’intelligenza.
L’Arcivescovo di Torino la chiama come “La più grande testimonianza dell’amore più grande”.
La storia della Sindone è avventurosa scampata ad un incendio nel 1534 nel 1898 è stata fotografata e il negativo è diventato più leggibile del positivo.
Da allora si sono succeduti studi scientifici, è come fare un’autopsia, qualcuno pensa sia un dipinto o un effetto della luce e del calore.
Le macchie sono di sangue umano, c’è sangue uscito da un corpo vivo e sangue uscito da un cadavere nel quale il sangue è separato dal siero,come quello uscito dal costato di Cristo dopo la sua morte sangue ed acqua.
Ci sono sette motivi che fanno propendere per ritenere attendibile la sua autenticità:
- Sepoltura non definitiva, il corpo non è stato lavato e profumato
- Breve permanenza nel telo dalle 25 alle 36 ore, dopo 45 ore comincia la decomposizione il corpo è stato tolto prima della decomposizione.
- Di solito i crocefissi venivano gettati nelle fosse comuni perché nessuno reclamava il corpo di un assassino e nessuno comprava un telo tanto di valore per un condannato a morte
- Presenza del casco di spine che non era usanza di quei tempi
- Il corpo del condannato presenta i segni del trasporto del patibulum il braccio orizzontale della croce
- Crocefissione con i chiodi
- Ferita al costato e gambe non spezzate.
Tutte queste coincidenze ci dimostrano che il crocefisso è Gesù di Nazareth ed è un’immagine che ci parla. Ho letto che gli occhi di Cristo sono chiusi ma ti guardano, è un’impronta irriproducibile, all’ostensione vengono anche tanti non credenti perché la Sindone parla al cuore.Alla sera siamo stravolti, ci siamo alzati alle 4 per raggiungere Torino molto presto e ora arriva il meritato riposo.
Visita alla Sindone e ai luoghi simbolo dei grandi santi sociali
La mattina di sabato 25 aprile scendiamo da Superga e ci incamminiamo per Torino ammirando i
Lungodora verdi e ben tenuti, luogo ideale per una passeggiata o una corsa di allenamento. Passiamo sotto i portici con vetrine eleganti tra cui spiccano le famose pasticcerie e vediamo le costruzioni dei salesiani di San Giovanni Bosco, l’opera di San Giuseppe Cottolengo aperta ai malati gravissimi, vediamo il monumento a Giuseppe Cafasso il santo che assistette alle tante condanne a morte nelle carceri torinesi.
Questi santi vennero detti sociali per il loro forte impegno verso gli strati più deboli della popolazione.
In mattinata arriviamo al Sermig (Servizio Missionario Giovani) da cui dopo pranzo ci avviamo verso il Duomo dove, dopo l’incendio della cupola del Guarini dove era custodita, in una teca sull’altare è contenuta la Sindone. Stiamo in coda per almeno due ore e, lungo le pareti della struttura coperta che porta al duomo ci sono le foto e la vita dei grandi santi e beati che numerosi nell’800 hanno lavorato per aiutare la popolazione più povera della città.
IL sacro lino è contenuto in una teca sull’altare maggiore affiancato da due carabinieri in alta uniforme e nel buio totale è illuminata solo la preziosa reliquia.
Stiamo in silenziosa contemplazione del volto che sembra osservarci e a cui ognuno ha qualcosa da chiedere. Pensavo che si sfilasse solamente davanti all’altare invece la possibilità i rimanere qualche minuto in silenzio, circondata da tante persone, ogni volta ne entrano circa una sessantina, che come te hanno gli occhi fissi in quelli vuoti del volto dell’uomo dei dolori, mi fa sentire amata e avvolta dal suo sguardo che abbraccia tutta l’umanità.
L’Arcivescovo d i Torino, Cesare Nosiglia,ha dato a questa ostensione l’appellativo di”L’amore più grande” che è l’amore più grande con cui Gesù ci ha amati fino a dare la vita per l’ultimo peccatore, ed è l’amore più grande che spinge anche noi a dare la vita per i nostri fratelli e sorelle.
Uscendo dal Duomo, nella luce del pomeriggio ripenso alle parole di don Roberto Gottardo “L’immagine del telo ci offre una possibilità di bene ulteriore. Dentro quel silenzio c’è Qualcuno. Possiamo quindi condividere un grande momento d’immedesimazione: la vita non può chiudersi nel buio e nel fallimento”.