1- L’agire politico
Tutto ciò che in modo diretto o indiretto modifica la natura e la qualità dei rapporti tra le persone di una comunità o tra comunità diverse, ovvero ciò che traccia i limiti all’agire personale o dei gruppi in ragione dei diritti e dei doveri di ciascuno individuando procedure e metodi dell’azione di governo e dell’esercizio dei diversi poteri è da tutti riconosciuto parte dell’“agire politico”. L’agire politico ha, quindi, forti intersezioni con ogni attività umana: ha a che fare con l’economia, con le relazioni sindacali e di lavoro, con l’uso del territorio e delle risorse, con l’assistenza, la scuola, la salute, i servizi, la previdenza …
Anche le risposte, attive, reattive o passive alle azioni sopra ricordate sono un aspetto dell’’agire politico e possono avere rilevanza nello sviluppo positivo o negativo della democrazia di un paese. Tra le risposte possibili c’è l’indifferenza, il pensare ai propri affari, il chiedere di essere lasciati in pace; ma c’è anche l’espressione di un giudizio sulle vicende e sulla storia.
In questa società nella quale, come ci dice un recente rapporto del CENSIS, è diffusa l’abitudine a far da spettatori dinanzi alla televisione e negli stadi come nella politica, quello che generalmente è inteso come “impegno politico” sembra riguardare solo una minoranza dei cittadini: i più esercitano compiutamente un’azione decisiva quasi esclusivamente nel momento del voto politico o amministrativo o nella valutazione di una proposta referendaria. Ma l’elaborazione di obiettivi, progetti, metodi e strumenti è per lo più appannaggio delle forze politiche organizzate e il voto è talora solo una risposta razionale o semplicemente emotiva, alle posizioni rappresentate attraverso i mezzi di informazione. L’adesione a un progetto politico attraverso l’esercizio del diritto di voto è, comunque, sempre esposto ad azioni manipolative o seduttive che non mirano a ridurre l’estraneità o l’impreparazione nei riguardi di temi talora complessi (che possono richiedere specifiche competenze di natura economica o tecnica) ma che si preoccupano, piuttosto, di suggerire l’identificazione in uno “schieramento” rappresentato come difensore di valori o interessi che altri, rappresentati come nemici, vorrebbero negati.
Le persone direttamente impegnate in politica finiscono con l’essere percepite come facenti parte di un insieme particolare e separato, di difficile accessibilità, chiuso in sé e garantito da una serie di privilegi (la “casta”). Ciò giustifica atteggiamenti di disinteresse, disaffezione, rassegnazione o rabbia e la convinzione dell’ impossibilità, per coloro che non ne sono parte, di poter incidere concretamente e significativamente nelle scelte che riguardano tutti.
2 – Un’idea di uomo e di donna, un’idea della vita
Ogni azione nasconde in sé e, quindi, “svela” un pensiero sull’uomo e sulla vita (un’antropologia) non separato da un’dea di Dio (una teologia), perché ciò ha a che fare con la riflessione sul destino della vita. L’agire politico rende manifesta un’idea di società, di stato, di città e delle relazioni tra i diversi soggetti che abitano la storia, e, implicitamente, un’idea di sé in relazione agli altri, del valore attribuito alle persone e alle cose, un’idea della vita e del destino di ogni persona, che si svela, prima o poi, smascherando ogni “gioco delle parti”.
Molti condividono la speranza di vedere proposta e realizzata un’azione politica che vada oltre la ricerca di interessi personali o particolari e che si ponga al servizio di idealità alte. Ma per questo, come si diceva, è almeno necessaria la consapevolezza del fatto che il nostro pensiero sulla vita, sul suo significato e sul destino di ogni persona determina le parole dette e gli atti compiuti. La consapevolezza del valore e della fragilità della nostra stessa vita e del fatto che ciò che siamo e abbiamo è prima di tutto dono e non conquista è, ad esempio, condizione necessaria per rivolgere, nei confronti del “povero”, uno sguardo diverso da quello di chi è convinto che i propri meriti giustifichino la posizione, il potere e fin anche la salute di cui dispone. Un conto, infatti, è teorizzare intorno alla fragilità, altro è averla incontrata, conosciuta, sperimentata o condivisa: nel primo caso si danno lezioni, si esprimono giudizi, ci si accomoda tra i buoni che distribuiscono soccorsi e sussidi; nel secondo, si com-prende la fatica, si con-divide senza giudicare ma, soprattutto, si riconosce la necessità di sostenere le aspettative e i progetti dell’altro per costruire i percorsi possibili per massimizzare la qualità di “quella” vita.
3 – Agire politico e testimonianze minoritarie
La qualità delle relazioni che sappiamo costruire, come singoli o come gruppi, è un indicatore significativo della qualità del nostro agire politicamente. Le disuguaglianze spingono molti a dedicare tempo e risorse in quell’ambito che viene sintetizzato nell’espressione “volontariato”: ogni azione che abbia a cuore la rimozione delle barriere che rendono impossibile una vita almeno dignitosa è preziosa. Ma dove la marginalità, l’indigenza, la sofferenza e la povertà sono l’effetto di esclusioni, di diritti negati o fruibili solo a determinate condizioni per qualcuno impossibili, dell’impossibilità di accesso ad opportunità conseguenti al sistema politico-sociale, allora l’azione richiesta è quella capace di incidere sulle cause, sulle radici dell’esclusione, della povertà, dell’iniquità e dell’ingiustizia.
Dobbiamo essere consapevoli del fatto che ogni piccola testimonianza individuale o di gruppo, per quanto minoritaria, che generi attorno a sé coinvolgimento di altre persone, finisce con l’assumere significato politico. Infatti è riconosciuto valore politico ad ogni azione che attivi comportamenti o pensieri condivisi o che susciti consenso nei riguardi di scelte o progetti, diventando capace di generare modificazioni nell’insieme delle relazioni di una comunità o fra comunità (ciò è vero, si noti, anche a prescindere dal giudizio di merito sul valore positivo o negativo di tali modificazioni).
Un’ulteriore funzione dell’azione politica è la mediazione dei conflitti, inevitabili sia all’interno delle comunità sia tra le diverse comunità. La nostra bussola dovrebbe orientare la nostra azione nella direzione che tende ad assicurare a tutti l’esercizio dei propri diritti, a tutelare da possibili prevaricazioni di singoli o di gruppi, e a porre un limite alla possibilità che i più forti si approprino di risorse o di spazi fisici o psicologici (seminando paura e subordinazione); in tale prospettiva si pone il tema della legalità che rappresenta la condizione minima necessaria, seppur non sufficiente, per la giustizia. Nell’evoluzione delle società, che la storia ci racconta, si riflette lo sviluppo, discontinuo e non necessariamente progressivo, delle relazioni tra il debole e il forte, e più ancora, delle istanze di equità e di giustizia.
Anche giustizia ed equità, che sono precondizioni della libertà di tutti, possono essere realizzate soltanto se con-divise.
Costruire lo “stare insieme”, riconoscendo l’altro da sé e la sua fatica, è parte dell’agire politico.
4 – Né mostri né idoli
I processi di avanzamento delle conoscenze e delle tecnologie possono essere percepiti come problema o come opportunità, come rischio o come speranza, divenire mostri o idoli, elementi generatori di condizioni nuove e di questioni etiche mai prima immaginate, di opportunità e di esclusioni, di maggiore equità e di nuove disuguaglianze. Gli strumenti della democrazia sono, essi stessi, oggetto di evoluzione e trasformazione, generatori di maggiore giustizia e benessere distribuito, ma anche di possibili derive autoritarie o populiste.
Questa consapevolezza necessita di essere mantenuta viva evitando il rischio di un adattamento ad un clima caratterizzato dal “lasciare in pace” (ti chiedo una delega senza controllo) e dal “voler essere lasciato in pace” (ti chiedo di poter pensare ai miei affari) che rappresenta il potenziale incubatore di nuovi autoritarismi alla portata dei pochi che si sentano investiti di una delega assoluta che giustifica il potere di decidere per conto di tutti fino a porre qualcuno al di “sopra” delle leggi stesse.
Poiché la comunità si compone di persone diverse che costruiscono una storia comune, senza la fatica dell’ascolto, del dialogo e della mediazione non è possibile costruire la città di tutti. La pluralità delle esigenze, delle storie personali e collettive, dei pensieri, delle culture e delle fedi religiose costituisce un dato della realtà quotidiana: il modo con cui esse vengono valorizzate o negate, manifestate o nascoste, accolte o giudicate determina il clima nel quale ognuno vive la propria condizione e può realizzare o meno le proprie speranze.
6 – Un enorme spazio di partecipazione e di azione
Nelle democrazie il potere politico, è delegato ai rappresentati eletti dal popolo, ma deve necessariamente esse contenuto e controllato: gli assunti e gli strumenti fondamentali della democrazia sono contenuti nelle Carte Costituzionali, che ogni cittadino deve conoscere e praticare. Ne scaturisce il dovere, per ognuno, di maturare una consapevolezza profonda della propria corresponsabilità, di agire la propria libertà e il proprio giudizio in modo consapevole, nella relazione con l’altro, di conoscere ed esercitare i propri diritti e di salvaguardare l’esercizio di quelli altrui, di riconoscere il ruolo dello Stato come soggetto generale dello sviluppo e della salvaguardia del bene di tutti e di ciascuno. Questo è tanto più importante perché nessuno può nascondersi il fatto che, in qualche caso, l’esercizio del potere può risultare tanto affascinante da diventare il solo vero obiettivo dell’agire politico (un vero e proprio idolo). Occorre quindi che i cittadini continuamente vigilino là dove si manifestino eccessive concentrazioni di potere e risorse, guardino con sospetto le pretese scorciatoie di coloro che vorrebbero imposizione unilaterali di scelte e di norme, non permettano che si consolidino e si legittimino squilibri nella possibilità di accesso individuale ai diritti, alle risorse o alle “opportunità”.
Non esiste un osservatorio privilegiato né un luogo esclusivo dell’agire politico; esiste, piuttosto, un enorme spazio di partecipazione e di azione che chiede di essere ogni giorno occupato da donne e uomini liberi e consapevoli.
Bruno Magatti